Le Madri di Borgo Nuovo e i piccoli imprenditori di cultura: una lezione per tutti.

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Ho pudore a entrare nelle vite degli altri, ad ascoltarne le amarezze e le disillusioni. Eppure in questi giorni di incontri continui e personali, succede a volte l’imponderabile. Come quando a lezione, magari il lunedì mattina, vedi accendersi di colpo gli sguardi sonnolenti e annoiati dei ragazzi, accade di incontrare sguardi adulti disincantati che, per incanto, scambiando qualche parola, tornano ad accendersi di speranza. Sento una grande responsabilità quando, come oggi pomeriggio, un imprenditore del mondo dell’editoria, che affronta ogni giorno difficoltà immense e non vota da anni, mi dice in un impeto di entusiasmo che gli è tornata la voglia di impegnarsi e la speranza di poter fare ancora qualcosa di buono in questa città, perché ha sentito finalmente le parole che voleva sentire. Non promesse di mondi migliori, bacchette magiche e ricette facili per tram, munnizza e compagnia bella, ma parole poco demagogiche come Scuola, Cultura, Uguaglianza e Educazione, che in una campagna elettorale non hanno grande appeal, ma per lui, come per me, rappresentano ancora i cardini di una società che ambisce a chiamarsi “civile”. A lui e al suo gruppo di collaboratori, Resistenti e appassionati, va il mio immenso Grazie di oggi.

Di mattina ho incontrato invece una delle luminose rappresentanti dell’associazione “Le Mamme di Borgo Nuovo”, che oltre vent’anni anni fa si è riappropriata di una scuola dell’infanzia abbandonata e l’ha rimessa in sesto, autogestendola per 5 anni, finché il Comune ha deciso finalmente di occuparsene e di farla funzionare (è quella nella foto, in via Pirandello). Ho raccolto subito dopo la rabbia e l’amarezza di un piccolo imprenditore che toglie i ragazzi dalla strada,  perché qualche consigliere comunale gli ha messo i bastoni fra le ruote con mille cavilli burocratici, anziché incoraggiarlo a continuare. Lui però continua, testardo e convinto di essere nel giusto, e ancora una volta sono i politici a stargli dietro a stento, anziché farsi loro promotori di sviluppo e profeti di cambiamento.

E’ tutto più difficile qui da noi, ma ci sono forze sane e straordinariamente vitali, quasi eroiche, che aspettano soltanto interlocutori attenti e politici che scendano dagli scranni, condividano i loro sogni e si sporchino le mani di fatica per costruirli insieme a loro. Chiunque vinca queste elezioni ha solo da rimboccarsi le maniche, ma che lo faccia presto e con entusiamo, per non spegnere le luci che ancora brillano in questa città. Mi riecheggia allora il monito di Gesualdo Bufalino, secondo il quale “nel buio di catacomba che ci circonda, il nostro dovere è di tenere acceso un fiammifero, anche a costo di scottarci le dita”.

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